I nonni A. e C. sono partiti per il mare e Pupette e Pumino
il pomeriggio, quando escono dalle rispettive scuole, sono attesi e accuditi
dalla Tata Lu. E' un po' strano affidare i propri figli a una signora che non
ha alcun legame di parentela con noi. L'ho selezionata iniziando a farla venire a
casa, a darmi una mano con i lavori domestici, quando ancora ero in maternità. La
prima volta che l'ho incontrata per la verità non mi aveva convinto.
L'avevo immaginata troppo pettegola per i miei gusti, avendomi detto che era
arrivata un po' in ritardo perché vari conoscenti l'avevano fermata per la
strada durante il tragitto. Ma per lei, che per la prima volta si presentava a
casa mia, era forse solo un modo per comunicarmi il suo buon carattere e la sua
notorietà in paese. E in effetti la Tata Lu è solare, gentile e spiritosa. Con
i bambini è premurosa, attenta e comunicativa. E fa fare delle super merende.
Lo scorso anno si occupava solo dello spuntino della Pupette, poiché Pumino
faceva merenda al nido. E quando non c'era nulla a casa che solleticasse l'appetito
della ragazza, uscivano e le acquistava qualcosa di sfizioso in panetteria
o al bar. A volte portava addirittura fette di torta al cioccolato fatta in
casa con le sue mani o gustosi panini con la mortadella. Quest'anno che anche il piccolo
gourmet di famiglia deve riempire il pancino mi immagino cosa si inventerà pur
di vederli soddisfatti e contenti. Però la mia riflessione del giorno continua a essere: non è facile affidare a un'altra signora i tuoi figli. L'altra sera, più o meno
inconsciamete, pur di non sentirmi del tutto esclusa dal rito della merenda, ho
preparato il budino ai miei piccoli golosoni e ho detto a Tata Lu di serviglielo l'indomani.
Ieri ho comprato al volo a Milano due paste molto invitanti e le ho messe in tavola
stamattina per il pomeriggio. Stasera sono curiosa di sapere se i due hanno apprezzato. Non
sarà certo come vederli mangiare in presa diretta, ma non tagliatemi fuori del
tutto dalle magnatine del pomeriggio!
primula
Un segno di primavera
giovedì 27 settembre 2012
lunedì 24 settembre 2012
Casa, dolce casa
Dopo un incontro a tempo gratuito con un architetto (detta così sembra una roba ambigua ma in realtà è stata una normale consulenza nell'ambito dell'iniziativa "Redazione aperta" di una casa
editrice del settore: cosa non si fa per risparmiare sui professionisti!) e un
pranzo con il nostro amico ristrutturatore, mi sento rinfrancata nelle mie
ambizioni di interior designer, in vista delle opere che faremo nella casa che
stiamo per acquistare. Dopo mesi e mesi a sfogliare riviste mettendo post it
qua e là, eccoci infatti al dunque. Ora ci siamo e si impongono delle scelte. Un sacco di
scelte. Come modificare gli attuali locali per avere degli spazi funzionali e
adatti alle nostre esigenze? Quali materiali scegliere? Quali colori scegliere?
Come ottenere coerenza tra i vari ambienti senza cadere nel monocorde? E come
evitare invece gli abbinamenti sbagliati? Pur avendo un gusto abbastanza sicuro e
avendo osservato centinaia di servizi fotografici, sono tra l'eccitato
e l'ansioso. E il
modello della scala? E il colore della cucina? Una tale mole di decisioni mi atterrisce. Ma come mi ripetava anche la mia indimenticabile nonna T.
"una cosa alla volta, passino passino... ". Per il parquet ci stiamo orientando sull'iroko, perché ha una tonalità calda, biondo-rossiccia. Inoltre dà maggiori garanzie di tenuta all'acqua rispetto al rovere e noi lo vorremmo
mettere anche in bagno e in cucina e con Pumino e Pupette (e non solo) in
circolazione... Per il colore delle pareti e dei serramenti sono indecisa se
puntare sui grigi (e mettere a contrasto grigio chiaro e grigio più scuro e
magari pure l'antracite) o sui beige/corda (come nella foto qua sopra). In ogni caso vorrei un casa calda e chiara. Il più luminosa possibile. Seguiranno aggiornamenti.
mercoledì 19 settembre 2012
Una tattica tipicamente maschile?
Gli
uomini, si sa, non amano molto raccontare del loro vissuto personale e molto
spesso, a esplicite richieste, glissano con una battuta. Ieri sera:
"Pumino, cosa hai mangiato oggi a scuola?". "E' un
segreto!", risponde il nostro con aria misteriosa e furbesca insieme, come
di chi ha capito che con questo escamotage non è tenuto a rispondere e la fa
franca. Andiamo bene.
mercoledì 12 settembre 2012
Tempo di inserimenti (e di polemiche)
Tempo di
inserimenti e infuria la polemica sulla via italica all'approccio alla materna.
Qui sotto riporto un commentatissimo post uscito oggi sul blog la 27esima Ora del Corriere della
Sera. La mia personale opinione è che questa collega mamma-giornalista abbia
ragione. Per le madri che non lavorano l'"inserimento lento" non rappresenta un
problema e magari può anche essere un gradevole momento di condivisione con il
bambino e di "avvicinamento" alla scuola. Ma per le altre è un
incubo: non in tutti i posti di lavoro comprendono le esigenze di chi ha figli
piccoli e deve mandarli all'asilo con queste modalità graduali. Quindi, poichè
la scuola dovrebbe garantire a tutti lo stesso servizio e trattamento, meglio una
partenza decisa e lasciamo le aule alle insegnanti che sanno benissimo cosa
fare. Inoltre, a mio parere, un bambino di tre anni ha già sviluppato le competenze e l'autonomia
sufficienti per cavarsela alla grande in un luogo concepito per lui come
l'asilo. E poi mi piace un sacco quello che scrive Natalia Ginzburg: "... la scuola dovrebbe essere fin
dal principio, per un ragazzo, la prima battaglia da affrontare da solo, senza
di noi; fin dal principio dovrebbe esser chiaro che quello è un suo campo di
battaglia, dove noi non possiamo dargli che un soccorso del tutto occasionale e
illusorio...". Brava Natalia, che togli ogni senso di colpa alle mamme che
lavorano e che dagli istituti schizzano via il prima possibile alla volta dei
mille impegni quotidiani.
I bamboccioni nascono all’asilo
In questi giorni si aprono le scuole. L’inizio dell’anno scolastico dovrebbe essere un momento gioioso per i bambini e i loro genitori. Ma per quelle mamme e, più raramente, per quei papà che portano i loro figli alla materna l’ingresso nella scuola sarà un percorso a ostacoli, una specie di incubo kafkiano che si chiama inserimento. Il programma varia a seconda dell’Istituto ma, quasi sempre, prevede un paio di settimane in cui i bambini devono adattarsi al nuovo ambiente progressivamente per non subire traumi e quindi vengono accompagnati da uno dei genitori in classe: all’inizio restano per una quantità di tempo minima che poi lentamente aumenta fino ad arrivare al tempo pieno. Un fenomeno tutto italiano che spesso obbliga la mamma o il papà persino a prendersi le ferie.
L’anno scorso è toccato anche a noi. Alla scuola materna di Via Mantegna a Milano hanno deciso a priori, senza nemmeno conoscere i pargoli, che i nostri due gemelli dovevano iniziare con un’ora di asilo al giorno e uno dei genitori doveva sempre essere presente. Ma io ero a Londra per lavoro e questo ha creato un primo problema visto che Eva e Bruno erano in classi diverse. Quale madre snaturata va all’estero in un momento così importante (sottinteso potenzialmente difficile/traumatico) per i propri figli? Come mai non si sente immensamente in colpa? Ma tant’è le maestre hanno dovuto far buon viso a cattivo gioco e accontentarsi della tata. Io mi sono presentata quando ormai la settimana di passione era quasi finita. Ero in classe con Bruno che giocava senza problemi, dopo cinque minuti ho cominciato a friggere, la mia presenza mi sembrava totalmente inutile. Così ho chiesto alla maestra se me ne potevo andare visto che il bambino era chiaramente “inserito”. Ma lei mi ha risposto scandalizzata di no, che la prassi era aspettare almeno una mezz’ora a prescindere da come si comportava il pargolo.
In altre parti del mondo non è così. L’inserimento non esiste. Ne ho avuto la prova venerdì scorso quando è iniziato il primo anno di materna nella scuola britannica di Milano. Io e mio marito abbiamo portato i bambini in due classi diverse dove sono stati accolti con grande serenità. Dopo cinque minuti Eva dipingeva, Bruno giocava. Ho detto a una delle due maestre: “Vedo che il bambino è tranquillo, io andrei”. Lei mi ha risposto: “Signora prima se ne va e più facile sarà il mio compito!”. Non potevo credere alle mie orecchie. Tempo pieno da subito e senza drammi. Certo qualcuno piangeva. E allora la mamma rimaneva lì per qualche minuto in più. Ma poi se ne andava comunque e il piccolo dopo poco smetteva. Come è normale che sia, tranne che qui da noi. Tanto che la direttrice della lower school, Angela Dean, si è sentita in dovere di fare ai genitori il seguente discorso:
I bamboccioni nascono all’asilo
Le follie dell’inserimento all’italiana
In questi giorni si aprono le scuole. L’inizio dell’anno scolastico dovrebbe essere un momento gioioso per i bambini e i loro genitori. Ma per quelle mamme e, più raramente, per quei papà che portano i loro figli alla materna l’ingresso nella scuola sarà un percorso a ostacoli, una specie di incubo kafkiano che si chiama inserimento. Il programma varia a seconda dell’Istituto ma, quasi sempre, prevede un paio di settimane in cui i bambini devono adattarsi al nuovo ambiente progressivamente per non subire traumi e quindi vengono accompagnati da uno dei genitori in classe: all’inizio restano per una quantità di tempo minima che poi lentamente aumenta fino ad arrivare al tempo pieno. Un fenomeno tutto italiano che spesso obbliga la mamma o il papà persino a prendersi le ferie.
L’anno scorso è toccato anche a noi. Alla scuola materna di Via Mantegna a Milano hanno deciso a priori, senza nemmeno conoscere i pargoli, che i nostri due gemelli dovevano iniziare con un’ora di asilo al giorno e uno dei genitori doveva sempre essere presente. Ma io ero a Londra per lavoro e questo ha creato un primo problema visto che Eva e Bruno erano in classi diverse. Quale madre snaturata va all’estero in un momento così importante (sottinteso potenzialmente difficile/traumatico) per i propri figli? Come mai non si sente immensamente in colpa? Ma tant’è le maestre hanno dovuto far buon viso a cattivo gioco e accontentarsi della tata. Io mi sono presentata quando ormai la settimana di passione era quasi finita. Ero in classe con Bruno che giocava senza problemi, dopo cinque minuti ho cominciato a friggere, la mia presenza mi sembrava totalmente inutile. Così ho chiesto alla maestra se me ne potevo andare visto che il bambino era chiaramente “inserito”. Ma lei mi ha risposto scandalizzata di no, che la prassi era aspettare almeno una mezz’ora a prescindere da come si comportava il pargolo.
La domanda che vi pongo è la seguente: perché dobbiamo drammatizzare in questo modo un evento naturale e piacevole come l’ingresso alla materna? Cosa devono pensare i nostri figli? Che li stiamo portando in un luogo pericoloso dove forse non vorranno restare perché sicuramente è meglio passare il tempo con la mamma? E poi ci lamentiamo dei bamboccioni che a trent’anni stanno ancora a casa con i genitori! Ma se glielo abbiamo insegnato noi tra mille premure, paure, apprensioni supportate dalla psicologia da salotto che è tanto in voga.E’ vero. Un tempo i nostri nonni si facevano pochi problemi. E spesso crescevano i figli a suon di sganassoni. Ma oggi siamo passati all’eccesso opposto. Alleviamo i nostri bambini come se fossero fatti di porcellana, crediamo che possano rimanere segnati a vita se perdono un giocattolo che gli è caro, li copriamo fino a farli scoppiare di caldo per paura che si ammalino (non a caso siamo il Paese delle correnti d’aria e della cervicale), chiediamo se e cosa hanno mangiato come se ci fosse il rischio che muoiano di fame. Non capiamo che il regalo più grande che possiamo fargli è l’indipendenza, la capacità di camminare con le proprie gambe, di non temere gli altri.
In altre parti del mondo non è così. L’inserimento non esiste. Ne ho avuto la prova venerdì scorso quando è iniziato il primo anno di materna nella scuola britannica di Milano. Io e mio marito abbiamo portato i bambini in due classi diverse dove sono stati accolti con grande serenità. Dopo cinque minuti Eva dipingeva, Bruno giocava. Ho detto a una delle due maestre: “Vedo che il bambino è tranquillo, io andrei”. Lei mi ha risposto: “Signora prima se ne va e più facile sarà il mio compito!”. Non potevo credere alle mie orecchie. Tempo pieno da subito e senza drammi. Certo qualcuno piangeva. E allora la mamma rimaneva lì per qualche minuto in più. Ma poi se ne andava comunque e il piccolo dopo poco smetteva. Come è normale che sia, tranne che qui da noi. Tanto che la direttrice della lower school, Angela Dean, si è sentita in dovere di fare ai genitori il seguente discorso:
“Uno dei nostri obiettivi è l’indipendenza. Sappiamo che l’approccio in Italia è molto protettivo. Gli mettete sempre voi il maglione, gli preparate la cartella. Per favore cercate di cambiare atteggiamento e rendete i vostri figli più autonomi. Altrimenti a scuola si aspetteranno da noi lo stesso comportamento!”.E’ ora che noi mamme italiane impariamo ad allentare la corda, a essere più leggere, a non rimuginare. Una volta una mia amica mi ha confessato di provare un immenso piacere ad avere i figli che piangevano non appena usciva di casa: “Mi fa sentire la più importante”. Senza rendersi conto di quanto così li rendeva insicuri, negandogli la libertà di crescere cittadini del mondo.
lunedì 10 settembre 2012
Io speriamo che me la cavo e Pumino pure
Pumino prosegue il suo inserimento alla scuola materna come
da manuale del perfetto treenne. Venerdì, lasciando l'aula, ha detto alle
insegnanti: "Ci vediamo lunedì!". Oggi, nel medesimo frangente, ha detto:
"Ci vediamo domani!". Non perde un colpo, il piccolo! Speriamo però
che lo stupefacente esordio all'asilo non sia bruscamente interrotto dal virus gastro-intestinale che ha già abbattuto metà famiglia: Pupette venerdì e papà stamattina. Io spero
che me la cavo e Pumino pure. Il già difficile back to work/back to school si
sta rivelando una vera corsa a ostacoli per la Superpiccoly-famiglia. Ma ne
verremo a capo.
giovedì 6 settembre 2012
Primo giorno di scuola materna per Pumino
Sommersa dal lavoro (che rientro, in quarta!), riesco solo a
fare un rapido aggiornamento. Oggi Pumino è andato per la prima volta alla sua
nuova scuola materna. Ha fatto solo due ore ed è stato ritirato da nonna A. e
sorella, alle quali pare abbia detto: "Domani ci torno!". E vai!!!
lunedì 3 settembre 2012
Il mio piccolo buongustaio
"Come è buono il pane bauletto! E' squisito, vero
mamma? Davvero squisito!". Non sembri uno spot alla Mulino Bianco che
produce il simil pan carrè con cui abbiamo preso a far colazione la mattina
rimpiazzando i biscotti plasmon (biscotti tanti!), ma Pumino è entusiasta di
mangiarsi le fette sopracitate, spalmate di burro e marmellata. A dire il vero,
Pumino aprezza tante cosa a tavola. A differenza della sorella che è molto
selettiva e storce sempre il naso, è un buongustaio, dà soddisfazione e
gratifica chi è di corvè ("Mamma, tu sei brava cuoca!"). Sabato sera
lui e la Pupette mi hanno aiutato (si fa per dire!) a fare le polpette. Il
nostro ha voluto che gli servissi quelle da lui assemblate e ha detto pure che da
grande vuole fare il cuoco per preparare polpette deliziose. Il cuoco ha dunque scalzato il pilota di elicottero nella hit parade delle professioni più ambite dal piccolo. Buona idea,
Pumino! Il food, alla fine, tira sempre... E' una necessità e un piacere. Dà
gioia nel prepararlo, nel guardarlo e nell'assaporarlo. Abbasso gli
inappetenti!
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